Gli umani si dividono tra quelli che amano dormire e quelli che ritengono sia una perdita di tempo; al centro si trovano quelli che considerano le 6, 7 ore il tempo giusto e non indugiano né nell’una né nell’altra posizione.
Il sonno, dunque, può essere un’aspirazione per il pigro o essere un ostacolo per l’“attivo” a oltranza, quel che è certo, è che la sua assenza causa problemi perché non si innesca quel processo necessario della ricarica delle energie, tanto utile quanto indispensabile per fare e per pensare.
Esistono degli yogi indiani che vivono in assenza di sonno, ma questa è un’altra storia; stiamo parlando di uomini illuminati che si nutrono delle energie dell’universo. Noi comuni mortali restiamo ancorati alla concretezza della carne e della terra, lontani anni luce dalle acrobazie dello spirito.
Eppure, il sonno da sempre ha indossato gli abiti del mistero. Gli uomini antichi nel sonno avevano visioni che annunciavano cose e ne facevano presagire altre, credevano a quella magia e se ne lasciavano guidare. Anche le religioni si sono abbandonate alla forza del sonno e del sogno ed ognuna di loro nel sonno ha trovato ispirazione. Molto più avanti, Carl Gustav Jung ne recuperava l’aria misterica e nel sogno faceva intravedere un universo parallelo fatto di archetipi e di simboli per nulla facili da interpretare, ma potenti forze attive per chi sa attendere e ascoltare. Insomma, un mondo al di sopra e un mondo al di sotto accessibile soltanto a chi compie un atto di fede verso l’invisibile.
Il mondo attuale ha screditato il sonno. Quando va oltre il tempo ritenuto socialmente accettabile il senso di colpa stritola e appesantisce e il senso del dovere finisce col regolare la relazione con esso.
Schiavi del “fare”, scollegati dalla relazione sana col corpo, abbiamo relegato il sonno ad un atto dovuto e lo abbiamo privato del suo fascino antico, del suo messaggio sottile, del suo linguaggio fantastico, della sacralità del riposo meritato.
Dopo che lo abbiamo negato e svilito, la sua assenza l’abbiamo fatta risalire a eventuale patologia depressiva: in questo caso, la sua carenza o la sua eccessiva presenza sono sintomi e nient’altro e, sinceramente, a me sembra un po’ poco. In ogni caso, non c’è più magia.
Senza andare nella psicopatologia più spinta, i disturbi del sonno proliferano, le sue alterazioni possono essere legate a fattori diversi, a volte legati alla fase di addormentamento, altre volte legate al mantenimento del sonno notturno.
I primi, spesso riguardano personalità che a sera non riescono a staccare da tutto quanto è accaduto durante la loro giornata e non si limitano a fare una breve sintesi di ciò che hanno vissuto. Trattengono un pensiero e ci restano attaccati, rimuginando sempre sullo stesso argomento. L’illusione è quella di trovare una risposta al dilemma che, tuttavia, non ha soluzione a causa del fatto che la domanda è mal posta e la risposta impossibile. Queste persone, quando finalmente riescono ad addormentarsi, dormono a lungo e senza risvegli notturni, ma spesso fanno fatica a svegliarsi e ad essere attivi appena alzati dal letto, sono quelli definiti “gufi”. Le “allodole”, al contrario, le persone più attive al mattino.
Per queste persone è importante la “delimitazione del campo”. Vuol dire disciplinarsi ad arginare l’attività della mente che deve riguardare soltanto la vita fuori del letto. È fondamentale restituire al sonno l’antica sacralità che gli uomini del passato gli attribuivano. Il momento del sonno va ritualizzato: ognuno a suo modo può trovare le parole e i gesti più adatti a sé, una preghiera di ringraziamento, dei gesti propiziatori del sonno. Questa iniziazione è utile a “tenere fuori” i pensieri che giungeranno intrusivi e inopportuni perché la notte è lo spazio del mondo di sotto, dove tutto è possibile: volare tra gli uccelli nel cielo come nuotare tra giganteschi cetacei al nostro comando, dove si può vincere ogni battaglia e guarire da ogni ferita, dove anche se muoio resurgo, dove posso parlare con chi non è più di questo mondo. Questo spazio magico va tenuto con cura, protetto e difeso dalle incursioni del giorno perché ogni sonno mal speso con i pensieri del giorno è un’occasione persa della psiche che in quel gioco di contrasti si nutre e si alleggerisce. Così il disturbo del sonno si cura e, la cura è prendersi cura del sonno.
Poi ci sono quelli che si addormentano senza difficoltà ma poi, a un certo punto della notte, si svegliano. Queste persone possono entrare in un loop fatto di fastidio e profonda avversione. In questo caso è di aiuto sviluppare pazienza e non avversare ciò che ci sta capitando, respirare e praticare una meditazione sul corpo. Ci sono anche altre strategie a cui ricorrere come ad esempio l’igiene del sonno e in internet sono presenti ampie trattazioni al riguardo.
Quello che qui mi preme è considerare il sonno uno spazio da difendere e di cui prendersi cura.
Affaccendati dal giorno non siamo educati a considerarlo come luogo di ri-generazione: mi addormento, muoio al mondo della realtà e nasco al mondo della psiche.
Lo sanno bene i bambini, per istinto e per intuito lo amano e lo temono: ci cadono dentro senza timore, come cosa naturale dopo aver tanto agito nel mondo; oppure se ne difendono perché risulta loro intollerabile la distanza del mondo di sotto dal mondo di sopra.
Noi possiamo divenirne custodi, difensori del sacro sonno perché divenga il simbolo del giusto riposo, ma anche di un “altrove” in cui tutto diventa accessibile e in questa eccezionalità, il sonno rivela l’essenza misterica dell’uomo di cui sembra sempre si sia detto tutto e di cui, al contrario, ancora non sappiamo abbastanza.
Articolo scritto dalla dott.ssa Antonietta Lapegna sulla base degli studi e delle letture fatte e della esperienza clinica.
C. G. Jung, 2001, “Ricordi, sogni, riflessioni” raccolti ed editi da Aniela Jaffè, Bur Saggi.
C. Rainville, 2018, “Il grande dizionario della MetaMedicina. Guarire interpretando i messaggi del corpo”, Sperling & Kupfer.