In passato ho scritto sul tempo cronologico,
il tempo psicologico è altra cosa.
E’ il tempo che, facilmente, mischia insieme passato, presente e futuro, per questo confusivo;
spesso possiede l’arroganza di chi vuole sempre avere ragione.
E’ il tempo che, talvolta, ci fa sentire “fuori” tempo,
oppure il tempo che ci fa sentire “troppo pieni” o “troppo vuoti”.
Talvolta è il tempo che non sentiamo “giusto” per noi in un tempo cronologico,
che sentiamo arrivato troppo presto o troppo tardi.
Il tempo psicologico è solo nostro, scandito da un universo interiore che fa di noi quello che siamo.
Ha il potere di rendere attuale ciò che è passato e di rendere reale ciò che ancora deve accadere.
Ha il potere accattivante della fantasia e quello distruttivo della nostalgia.
Non possiede il passo rassicurante del tempo cronologico, né il ritmo uguale dei secondi in minuti e dei minuti in ore, dei giorni e dei mesi, degli anni. Il tempo psicologico, al contrario è smanioso, ossessionato da non essere mai abbastanza, ha fretta di andare e ha paura di stare.
Noi, ci barcameniamo tra il tempo scandito dalle lancette e il nostro tempo interiore, sempre un po’ in affanno e alla ricerca di pace.
Poi, improvvisamente, ciò che è separato si ricompatta e il tempo diviene uno solo; solo allora la pace si fa strada, a fatica; un tempo unico, interno ed esterno, e solo allora è silenzio.