Questo è un tempo particolare.
Sentiamo nel corpo una qualità diversa che spesso attribuiamo all’abbassamento dell’umore.
Un po’ di fiacchezza, scarso desiderio di fare.
Ne lamentano gli effetti soprattutto quelle persone che sono normalmente energiche e propositive.
Gli fa strano, si impressionano, si sentono già depressi gravi.
Questo è il tempo dell’attesa.
La distanza dalla natura ci impedisce di vivere i cambiamenti stagionali come naturali eventi della vita.
Gli alberi lasciano cadere le foglie perché l’impegno energetico è tutto indirizzato a far fronte al gran freddo; allo stesso modo, gli animali rallentano o restano immobili nelle loro tane.
Soltanto noi, lontani dalla verità della vita che necessita di poco, siamo attratti da fantasie di efficienza del tutto ingannevoli.
E’ il tempo dell’Avvento.
Quattro settimane destinate al raccoglimento, alla meditazione, all’attesa della nascita.
Noi no! Vogliamo fare, disancorati dalla verità del corpo e della natura, irrequieti vaghiamo, cercando risposte a domande impossibili, invece di osservare attorno, come tutto parla lo stesso linguaggio di attesa e di pace.