Giovani capaci, talentuosi, pieni di grinta,
senso del dovere a palla,
senso di responsabilità alle stelle.
Determinati e per questo con obiettivi importanti.
Sostenuti da famiglie dal buon reddito,
comprimono le emozioni e stringono i denti.
Si danno a razionalizzazioni spinte pur di non cedere alla fatica,
pur di non sentire il corpo che spinge con sintomi d’ansia.
Cadono nella trappola delle performances perfette.
Niente lasciato al caso perché crescono sapendo che nella vita vince il più forte, il più capace, il più brillante.
Se non fosse che poi la mente non è più sufficiente a contenere, con le razionalizzazioni di cui è maestra, la tensione crescente.
E allora il corpo si prende le sue rivincite e grida col linguaggio del sintomo di
placarsi, di fermare la giostra del fare.
Tuttavia, ancora una volta non si comprende il corpo stanco e sale l’angoscia, il terrore che non si torni come prima. Perciò nessun cambiamento, ci si riprende un po’ fino alla prossima crisi.
La potenza della logica del tempo presente, non prevede lo “stare”, neanche momentaneo, non si presenta mai alla mente annebbiata dal “fare” che deve re-agire, non solo alle pressione del fuori ma anche, soprattutto, alle pressioni del dentro.