In che modo la psicologia può spiegare la guerra?
Mi interrogo e rifletto.
Pensiero autonomo da psicoterapeuta da vent’anni sul campo, soprattutto appassionata del funzionamento della mente umana e della filosofia in genere e, nella terza età, soprattutto convinta che la psicologia buddista sia di gran lunga più capace di spiegare le distorsioni della mente umana.
La parola chiave è la consapevolezza.
Quanti sanno veramente cosa significa e, soprattutto, cosa comporta nella propria vita, accrescerla, nutrirla, alimentarla, trasferirla?
La consapevolezza non può svilupparsi se l’Io bellico, presente in ognuno di noi, non diventa un Io riflessivo, critico e audace. L’Io bellico è divisivo; crede che il mondo sia separato in due categorie, riproduce lo stile hollywoodiano dei buoni e cattivi e, prima ancora, nell’ottica giudaico-cristiana del morigerato e del peccatore. L’attivazione della consapevolezza, basterebbe da sola, a mostrare che la realtà è assai più complessa e ha a che fare prima di tutto con noi e con la bellicosità che abbiamo dentro e di cui saremmo consapevoli se solo ci osservassimo con curiosità e senza preconcetti.
Ci appartiene ogni volta che giudichiamo l’altro, ogni volta che rendiamo l’altro responsabile della nostra infelicità, ogni volta che lasciamo che le difficoltà della quotidianità ci incupiscano e ci conducano a dare il peggio di noi all’altro.
L’Io quietato, al contrario, è consapevole della forza che sprigiona e prescinde dalle circostanze esterne; non ha bisogno di aderire pedissequamente all’opinione dell’altro; quando acconsente è perché, l’altro, amplia la visione del bene e non alimenta la divisione e l’ostracismo. E’ radicato con forza nel mondo e nella vita accettando le proprie fragilità come un passaggio obbligato per evolvere.
Quanti intorno a noi ci sembrano quietati e quanti ingaggiano continue guerre, piccole e grandi, prima di tutto con le proprie parti interne, poi in famiglia, nelle relazioni con gli amici, per strada? Quante atmosfere bellicose respiriamo e ci nutrono quotidianamente, incupendoci, mettendoci gli uni contro gli altri?
Dalle piccole guerre alle grandi, non c’è nessuna differenza e, sulle grandi battaglie, non possiamo che avvertire un profondo senso di impotenza indotto dai massimi sistemi; sulle piccole guerre quotidiane possiamo agire, ce ne possiamo occupare. Possiamo crescere nuove generazioni critiche e coraggiose, capaci e illuminate ed essere noi stessi esempi di disarmo e di pace. E’ necessario, soprattutto, divenire consapevoli delle lusinghe che l’Io bellico può alimentare: le nostre parti narcisistiche vanno conosciute e rese inoffensive attraverso un duro lavoro di smascheramento.
Le dinamiche di potere, nell’ottica del divide et impera vanno riconosciute precocemente, isolate e neutralizzate dalla consapevolezza dei più che, con atti di volontà fermi e decisi, dichiarino la necessità della pace e del dialogo sull’ottica della sopraffazione e della violenza.
E’ un errore pensare che le persone che si trovano nei luoghi di potere sappiamo di più e meglio cosa sia il bene per l’essere umano, anche loro come e più degli altri, vivono esistenze divise tra chi vince e chi perde, tra chi è buono e chi è cattivo e considerano la competizione e il profitto, come unici strumenti per agire nel mondo. La loro psiche è modellata sui valori dell’arroganza e della sopraffazione, le loro parti narcisistiche e paranoidi guidano le loro scelte e le loro parole sono palesemente inviti alla violenza.
Spetta a noi, donne e uomini comuni, accedere alla conoscenza profonda dell’Essere Umano che non si esaurisce nella bipolarità degli opposti ma che con forza ed entusiasmo rivendica la sua complessità, ancora tutta da conoscere ed esplorare. Lasciamo che germoglino in noi nuovi modi di essere al mondo, sentiamoci esploratori della vita, non leghiamoci a modalità conosciute e rassicuranti pur di restare in una zona di confort, sentiamo di poter contribuire al cambiamento esterno attraverso le nostre azioni; piccole o grandi, saranno comunque un segno palese delle nostre rivoluzioni personali.