In Psicoterapia si fa molto spesso riferimento a questi due termini.
In realtà possiamo dire che nessuno sia esente da una certa quota di “rigidità”.
Cosa significa in realtà?
Vuol dire che si hanno teorie rigide su come vanno le cose nel mondo.
Magari, non in tutti gli ambiti, ma in campi specifici, quelli che maggiormente hanno a che fare con le nostre questioni profonde e che talvolta sono fonte di sofferenza.
Un esempio banale potrebbe riguardare la teoria: “non mi fido di nessuno” che ad esempio sottende l’altra teoria: “tutti mi deludono”. E’ chiaro che la persona portatrice di queste teorie ha avuto ripetute esperienze negative che hanno radicato in lei convinzioni che non le permettono di pensare bene neanche davanti a Gesù in croce e la rigidità sta proprio nell’incapacità di “adattare” e “contestualizzare” la sua esperienza al momento presente in cui, magari, non c’è nessuno da temere o da cui difendersi per non restare deluso.
Pertanto, la flessibilità riguarda la possibilità di contestualizzare le proprie teorie di volta in volta e a seconda dell’esperienza presente, nel qui ed ora.
Per rendere concreto questo concetto, faccio visualizzare un elastico: esso, per esercitare la sua funzione deve tendersi fino a servire il suo scopo, si allunga e si accorcia a seconda di ciò che ha davanti; allo stesso modo devono fare le nostre teorie sul mondo e sulla vita. La flessibilità ci serve per essere felici e ciò, talvolta, può anche significare divergere dal passato per creare teorie nuove ma, per carità, a forma di elastico.