Cosa pensiamo quando la mente divaga senza oggetto?
Fermiamoci e osserviamo.
E’ molto probabile che non ci siamo mai posti la domanda e che non abbiamo mai osservato con curiosità come lavora la nostra mente.
Se ci sorprendiamo un attimo a osservarla mentre, ad esempio, stiamo svolgendo un’attività in cui ci sentiamo tranquilli e senza particolari pressioni, una condizione neutra, in cui non siamo né particolarmente tristi, né particolarmente gioiosi, è probabile che osserveremo la mente che vaga, indisturbata, da un contenuto all’altro, senza fermarsi su nessuno di essi in particolare. I pensieri che sorgono, nascono spontanei dalle associazioni che l’ambiente suscita in noi. Ad esempio, siamo al supermercato e un certo tipo di farina ci fa ricordare quando abbiamo fatto un determinato dolce che poi abbiamo condiviso con gli amici; poi passiamo avanti, e un altro oggetto che incontra il nostro sguardo innesca un altro pensiero e così di seguito.
Ecco, la nostra mente, normalmente, si muove a suo agio, senza sforzo, passando da un oggetto all’altro senza attaccarsi a nessuno di essi e noi ci sentiamo confortati da una mente leggera e spensierata, cioè senza un pensiero particolare che l’assorba completamente.
Immaginiamo un altro scenario. Ad esempio, sono al supermercato, il mio sguardo si posa su un tipo di farina, io penso ad un dolce che ho fatto e che ho mangiato con gli amici, poi, la mia mente si ferma su questo ricordo e su come si sono concluse le relazioni con quegli amici con cui, tempo prima, dividevo ogni cosa. La mente ingaggia un dialogo interno in cui si prospetta vari scenari: se fosse andata così, a quest’ora…; se non avessi detto…; se lui non avesse fatto…; forse ora potrei…; ecc.
Ecco, la mente si è chiusa, fermata, bloccata, magari per ore, se il contenuto dell’evento ha rievocato vissuti dolorosi. Cos’è accaduto? La mente ha attualizzato un evento del passato, l’ha reso vivo, verace, e noi lo abbiamo percepito nel qui ed ora attraverso il pensiero ripetitivo. Pensiamo e ripensiamo perché, in questo modo, cerchiamo una risposta, una soluzione al nostro dolore, reso reale dal ricordo.
Il problema è che NON FUNZIONA!
Tutti quanti noi, viviamo esperienze piacevoli, spiacevoli e neutre.
La nostra mente non si attiva particolarmente con le esperienze che hanno una risonanza neutra; al contrario si attiva quando la risonanza è piacevole e, ancora di più, quando è spiacevole. E’ come se, in questo ultimo caso, la mente si dispone in modalità analitica, cioè cerca spiegazioni, si fa domande (spesso impossibili), fa ipotesi, nel tentativo di rendere comprensibile l’accaduto e, una volta per tutte, mettere un punto e pacificarsi con l’esperienza.
Ma come mai attiviamo questa strategia se non funziona?
Perché è diventato per noi un automatismo!
E’ molto probabile che abbiamo cominciato ad usare questa strategia quando eravamo piccoli e, magari, a quel tempo, ci ha protetto dalla sofferenza. Ora non funziona più! Siamo diventati adulti e dobbiamo passare ad un livello di comprensione di noi stessi più profondo. Dobbiamo diventare consapevoli!
Innanzitutto, dobbiamo sapere che, i pensieri ricorrenti, si chiamano in due modi diversi: rimuginazione quando sono rivolti al futuro, ruminazione quando sono rivolti al passato. Se osserviamo la mente, vedremo quanto, prevalentemente, la nostra attività mentale è rivolta al passato o al futuro. Dalla nostra auto osservazione, potremo anche comprendere se siamo, grosso modo, dei rimuginatori o dei ruminatori e quanto intensa è la nostra attività mentale su questo fronte. Infatti, i pensieri ricorrenti per ognuno di noi possono avere nullo o scarso impatto (se siamo consapevoli delle nostre dinamiche interne), oppure un impatto consistente (se siamo medi o grandi rimuginatori o ruminatori). Le persone che passano ore, talvolta giorni, a preoccuparsi sempre sullo stesso tema, si stancano molto, tanto da avere poi scarse energie per tutto il resto. Questa attività della mente ripetitiva e stressante, crea anche le premesse per alcuni disturbi: ad esempio per il disturbo d’ansia (paure ipocondriache sulla salute), per quello evitante (timore di non essere all’altezza nelle situazioni sociali), per quello depressivo (tristezza per ciò che poteva essere e non sarà mai), per quello ossessivo (se non penso a quella cosa, accadrà che…; oppure non riesco a non pensare che…e quindi…).
E’ probabile che la credenza che sta dietro il pensiero ripetitivo è che non se ne può fare a meno, oppure che se non si riflette bene su una cosa non si potrà risolverla. Sono proprio queste credenze che vanno messe alla prova per sviluppare la fiducia che, invece, si può fare di meglio e senza tutta la fatica che si impiegava precedentemente. Naturalmente, tutto ciò implica la consapevolezza delle dinamiche personali e la volontà di trasformarle se ci creano sofferenza. Talvolta, già la conoscenza del funzionamento della mente, rappresenta il primo passo che motiva l’auto osservazione da cui, ricordiamolo sempre, parte il cammino di evoluzione personale. Inoltre, la consapevolezza, altro non è che l’insieme di due fattori: attenzione focalizzata e conoscenza profonda di sè.
L’auto osservazione non giudicante (quella tipica del bambino capace di meravigliarsi di tutto), sulle dinamiche della mente, non c’è dubbio che ci sorprenderà e ci svelerà l’arcano. Infatti, cosa rende il pensiero ricorrente così potente ai nostri occhi? Sia che siamo proiettati nel passato, sia che siamo proiettati nel futuro, i pensieri che facciamo sentiamo che minacciano la nostra integrità, il nostro equilibrio. Ciò accade perché i contenuti della mente, a furia di pensare e ripensare sembrano reali, come se rappresentassero un pericolo concreto e fossero dietro l’angolo, qui ed ora. Pertanto, sia che pensiamo a cose non ancora accadute (rimuginazione), sia che riflettiamo insistentemente su cose del passato (ruminazione), quei prodotti della mente ci sovrastano con le loro urgenze e ci fanno sentire precari in questo mondo.
In realtà di cosa si tratta?
Solo di pensieri.
I pensieri cosa sono? Attività della mente che, nella giusta misura, sono utili (neanche sempre); quando diventano sovrabbondanti, si avvolgono su se stessi e non producono nessuna azione, nuocciono addirittura alla salute (mentale).
Osho Rajneesh sosteneva che la mente mente e ne metteva in evidenza, così, tutti i limiti e le trappole in cui l’individuo può cadere affidandosi esclusivamente al suo potere tanto pervasivo quanto effimero.
(Articolo scritto dalla dott.ssa Antonietta Lapegna, psicoterapeuta, sulla base dei suoi studi e della esperienza clinica)